Hierax, l’aquila di Malin
Hierax è nato nel villaggio di Malin, nell’Impero di Lhynn,
sul continente a Est di Alphatia, nell’anno 774 del calendario di Lhynn, cioè nel 977 a.C.
del calendario di Thyatis.
Pochi giorni dopo la sua nascita, avvolto in bende e coperte, in una notte scura, come ogni
primogenito maschio nato a Malin, fu portato in segreto dai genitori a Khalpen, un antico monastero
situato all’estremità occidentale del promontorio, inaccessibile e misterioso, che da secoli
veglia e protegge.
Da allora divenne un discepolo del monastero; il monaco che lo ricevette quella notte gli diede
il nome, e da allora Khalpen fu la sua casa e la sua scuola. Come gli altri suoi compagni, Hierax
è cresciuto seguendo una disciplina rigida, studiando basi di storia, geografia, calcolo, imparando
a leggere e scrivere, ma soprattutto esercitando il suo corpo e la sua mente all’arte della
guerra e del combattimento a mani nude, all’equilibrio interiore ed esteriore, alla
meditazione. Divenne così un guerriero addestrato e temibile, ma votato all’ordine e alla
pace; come altri prima di lui gli fu tatuata un’aquila stilizzata sulla schiena, simbolo di
Khalpen, animale a cui si ispira lo stile di combattimento tramandato per secoli di monaco in
monaco.
A diciotto anni vinse il Thaughfall, il torneo che decide quale degli allievi deve partire per
una missione per conto del monastero. Il gran maestro Selwyn, consapevole dell’aria di
cambiamento nel continente, fu da subito cosciente che la missione di Hierax lo avrebbe portato
molto lontano da Khalpen, mentre il giovane guerriero scoprì solo col tempo il suo lungo cammino
fuori dal monastero.
Alto poco meno di un metro e ottanta, fisico asciutto e muscoloso, carnagione olivastra, lineamenti
poco marcati, occhi scuri e penetranti, Hierax veste in maniera piuttosto semplice, pantaloni grigi,
una maglia azzurra senza colletto con lo stemma di Khalpen sul petto, una giacca di pelle lunga fino
al ginocchio, scarpe basse, e una piccola borsa di pelle in cui trasporta poche cose necessarie;
sulla sua schiena un fodero di pelle scura avvolge Vaiga, la sua Sa-Shull, unica arma che
abbia mai posseduto.
Lunga lama diritta di acciaio, impugnatura rivestita di una strana pelle blu, elsa e pomo in
argento, rune bluastre alla base della lama, e un vento freddo che accompagna i suoi incontri con
i suoi veri nemici, creature originarie di altri Piani e Dimensioni; Vaiga è indistruttibile, e la
sua origine e il suo destino sono comuni alle altre Sa-Shull.
Le molte avventure vissute da Hierax sul continente di Lhynn lo hanno cambiato radicalmente.
Ha stretto delle grandi amicizie, partecipe degli eventi che hanno messo fine ai lunghi
anni che hanno insanguinato l’Impero di Lhynn. Siden, il suo amico
ladro, è ora reggente ed erede legittimo dell’antico Impero, tutto da ricostruire.
Emlarin, l’Elfa Drow bandita dalla sua nera fortezza, ed il suo lupo bianco
Shaku esplorano il mondo conosciuto in cerca di meraviglie e di un posto per
dimenticare gli amici che non ci sono più; su di loro veglia PietraAcciaio, la spada fatata
forgiata di roccia vivente. Ulrich e i suoi paladini
cavalcano ancora in cerca di torti da raddrizzare e di vendetta, per Philippe
e l’ordine della croce ansata. I nobili ribelli si leccano le ferite mentre
Sathonis agonizza nel vuoto in attesa di ricostruirsi un corpo.
Kiro, l’enigmatico guerriero dalla mente lesta
quanto la spada, è ora una creatura nuova, Belkir signore delle Lame.
L’entità di nome Kal El, dopo avere risvegliato la sua vera essenza,
ha cercato un campione, un occhio da mandare nel Multiverso, per essere certo
che simili disastri non accadano più, e che tra gli uomini non sia stillato
anche il veleno degli Immortali. A Hierax è toccato in sorte di indagare tra i
piani di esistenza, scoprendo le trame dei demoni e degli Dei, ed intervenendo
quando possibile. Ha visto cose che molti farebbero meglio ad ignorare, ed il
ricordo di quanto vicini si sia giunti alla fine della realtà intera, per la
follia degli Dei, ancora lo perseguita. Ora è un Planeswalker, un guerriero
sempre in transito per una delle infinite porte di Sigil, senza casa se non il suo corpo,
senza ricchezze se non la sua magica spada, senza
amici se non il Dio che nel Vuoto Osserva e... un bizzarro trio di
avventurieri di Mystara, un Elfo Nero, un Mago sbruffone ed un Ladro
gentiluomo.
KHALPEN.
Nel continente a oriente dell’impero di Alphatia, nel povero e sconosciuto, ma antico e
orgoglioso, Impero di Lhynn, una lingua di terra rocciosa di poche miglia si protende verso Ovest
dalla costa occidentale, curvando lievemente verso Sud.
Nella parte meridionale del promontorio si trova il piccolo borgo di Malin, che dà il nome alla
zona: un villaggio di circa mille abitanti dedito soprattutto alla pesca, e in apparenza non
diverso da molti altri.
Ma nell’estremità occidentale della punta, sopra scogli alti e appuntiti, inondati da un mare
agitato, una costruzione in pietra sovrasta il villaggio da lontano, ricoprendolo di lunghe ombre al
tramonto; antico più del borgo, lo chiamano Khalpen, il nido dell’aquila.
Circondato da scogli e rocce impervie, vi si accede da una scala di pietra che si inerpica diritta
nella roccia dalla base della penisola fino alla porta di quercia e metallo incassata in un piccolo
corridoio aperto e sovrastata dallo stemma di Khalpen: uno scudo con dentro un’aquila
stilizzata. Nessuno ne conosce con precisione le origini, perchè fu costruito prima della nascita
di Malin; si dice tuttavia che un asceta guerriero scelse il posto perchè solitario e impervio e
vi fondò un eremo dove poter insegnare l’arte della guerra e della meditazione di cui era
maestro.
Di sicuro gli abitanti di Malin ne onorano la presenza, consapevoli che la pace e la sicurezza della
regione sono dovute all’esistenza del monastero. Da secoli ormai la tradizione vuole che il
primogenito maschio di ogni famiglia venga portato, avvolto solo in una coperta e senza alcun segno
distintivo, alla porta di Khalpen, di notte e in segreto; un mistico lo raccoglie, e da allora il
piccolo diventa figlio e allievo di Khalpen. Qui verrà cresciuto ed educato, questa sarà la sua casa
e la sua famiglia, e non ne cercherà altra al di fuori, né i suoi genitori cercheranno lui, orgogliosi
di aver donato un figlio per la sicurezza della regione e contribuito a una giusta causa. Il bambino
non è una tassa, nessuno da Khalpen chiede che si rispetti la tradizione, ma solo in rarissime
occasioni una famiglia non ha osservato la consuetudine.
Il bambino quindi diventa figlio del monastero; il monaco che lo ha raccolto quella notte sceglierà
per lui un nome, e il piccolo compirà un anno nel primo solstizio d’estate dal suo arrivo; in
quel giorno tutti i monaci compiono gli anni. A Khalpen il piccolo sarà cresciuto e allevato, imparerà
a leggere, a scrivere, basi di storia, di geografia, di scienza, di matematica, ma soprattutto
imparerà la disciplina e il combattimento.
Sin da bambini gli allievi allenano il corpo e la mente, l’equilibrio e il controllo, il
silenzio e l’immobilità, l’agilità e la forza; imparano a tuffarsi, ad arrampicarsi sulle
rocce, a nuotare, ma anche a meditare e riflettere, a concentrarsi e a rilassarsi. Dopo i dieci anni
l’esercizio viene orientato decisamente al combattimento a mani nude, e gli allievi apprendono
le tecniche di base, per poi affinarle con gli anni e l’esercizio. Dopo i quattordici anni viene
introdotto l’uso delle armi tipiche di Khalpen: la spada bastarda, la doppia spada corta, il
bastone con lame. Col tempo ognuno degli allievi, secondo la propria inclinazione, si specializzerà
in una delle tre tecniche, ma la sua arma principale sarà sempre e comunque il combattimento senza
armi. La tecnica dei mistici di Khalpen, sia che combattano con le armi o senza, è ispirata
all’aquila, animale simbolo del monastero: movimenti veloci e agili, salti e acrobazie, parate
e volteggi, tecnica piuttosto che forza.
Il monastero non professa alcuna religione, pur non avendo pregiudizi; più importante è la disciplina,
votata all’ordine e alla legge. L’aquila è solo un simbolo, portato da ogni allievo sul
petto come segno distintivo, sopra la maglia azzurra senza colletto di solito indossata dai mistici.
Non vi è alcuna gerarchia all’interno del monastero, solo una carica, quella di Maestro, e
incarichi distribuiti ai vari monaci. Nessun estraneo entra nel monastero, tranne in casi eccezionali
e su ordine del maestro, ma i mistici ne escono di frequente, soprattutto per andare a Malin per
rifornimenti e notizie. Di solito,raggiunta una certa età, molti partono per il mondo in cerca di
avventura, per ritornare magari dopo molti anni; altri invece non si muovono dal monastero. In entrambi
i casi i monaci adulti a Khalpen avranno incarichi di qualche tipo, specie come maestri e insegnanti
per gli allievi. In rari casi è il maestro a chiedere a un allievo di partire per una missione; in
questo caso un torneo interno (il Thaughfall) viene indetto per scegliere il mistico da inviare.
Khalpen è una costruzione piuttosto grande, con cantine e depositi, camere singole per ogni monaco,
grandi stanze comuni per tutte le altre attività, e alcune larghe terrazze per la pratica e
l’esercizio; inoltre di solito i mistici si arrampicano sugli scogli verso il mare per
esercitarsi a stare in equilibrio per lungo tempo e resistere al vento e agli spruzzi delle onde.
In media al monastero abitano circa una settantina di mistici, tra allievi e adulti; i corpi dei
morti vengono affidati al mare tempestoso, e i loro nomi ricordati in una piccola cappella.
Pochi al di fuori della regione conoscono l’esistenza del monastero, pochissimi tra quelli
che non vivono a Lhynn. E Hierax è uno di questi.