L'autunno era arrivato presto presto quell'anno. Troppo presto, pensó l'elfa. Negli occhi ambrati si leggevano la tristezza e la rabbia di chi vedeva la propria terra violata ed offesa. Una foglia secca si fermó sulla sua pelle. Volando via, lasció una piccola impronta. Tutto intorno, un sottilissimo strato di cenere si era gradualmente depositato. Siamo solo a settmebre, non é normale... pensó, avanzando con la spada in pugno. Si fermó sulle rive di un piccolo lago. Le acque, un tempo trasparenti, erano state oscurate dalla cenere, solidifcata in una fragile crosta. Senza luce, le piante erano morte, sul fondo delle acque. Il tanfo della decomposizione che ne proveniva costrinse l'elfa a recitare una breve formula, un semplice incantesimo per rafforzare la propria tempra.
Mancano pochi minuti al tramonto. Devo sbrigarmi, o sono perduta, si disse, accelerando il passo. Saltó di sasso in sasso sulla riva fangosa. La cotta di maglia che indossava, brunita e ben oliata, quasi non faceva rumore. Sotto un cielo giallo e sporco, Melpomenia raggiunse il lembo di terra che collegava la riva ad un piccolo isolotto. La strada era fatta di fango e sassi, ed emergeva solo alla fine dell'estate, per pochi centimetri fuori dalle acque. Avanzare era faticoso, specie in quell'afa. Le canne che crescevano ovunque le impedivano di vedere dove metteva i piedi. Almeno se c'é un arciere non mi vedrá arrivare, bisbiglió, cercando di darsi sicurezza. Impronte. Un corpo trascinato nel fango, doveva aver scalciato parecchio. Uno stivale. Il SUO stivale. Non si erano nemmeno preoccupati di recuperarlo. Chiunque li avesse presi, non aveva paura di essere inseguito, o aveva una fretta dannata. Melpomenia si fermó al limitare del canneto, per osservare la situazione. Il sole stava tramontando alle sue spalle, illuminando una scena grottesca: sull'isola, gli alberi un tempo alti e dritti si erano avizziti di colpo, avevano perso tutte le foglie e avevano cominciato ad intrecciarsi tra di loro. Un contorto groviglio di tronchi e rami spogli, dove i rovi avevano preso a crescere selvaggi. Era almeno la terza volta che incappavano in una simile scena. In tutta Alfheim, cosí dicevano le voci degli esploratori, gli alberi avevano preso a mutare, e strane creature, esseri che non si erano mai visti sotto le chiome degli alberi della sacra foresta, avevano preso ad attaccare le comunitá piú isolate, uccidendo, per lo piú, e a volte addirittura catturando. Di coloro che erano stati presi e portati via fino ad allora, non vi era piú alcuna traccia. Anziani, giovani, infanti, femmine e maschi, non c'era alcuno schema nelle sparizioni. Melpomenia, Cleon e Gowan avevano ricevuto una lettera da Comporellen in persona, erano stati richiamati a Sayshell per investigare, assieme a buona parte dei giovani che, solo pochi anni prima, si erano messi in viaggio in cerca di avventure.
- Perché non Fëaringel? - aveva chiesto l'elfa all'anziano maestro, dopo che il padre e la madre dell' Elfo Nero avevano lasciato la riunione.
- Perché temo per la sua salute. Ció che sta mutando gli alberi di Alfheim é pericoloso e misterioso, e il tuo vecchio amico non é piú lo stesso elfo che partí assieme a voi alla volta d La Soglia, tanto tempo fa. Ci sono corruzione e stregoneria all' opera in Alfheim, e non sono piú tanto certo che Fëaringel ne sia immune, non finché ha quella cupa lama al fianco...
Che ti é successo Fëaringel? Ci avresti fatto comodo in questa missione, questo é certo. Qualunque cosa che riesca a catturare Cleon e... Gowan, non va affrontata da soli, come sto facendo io... stupida che sono.
Avanzó rapidamente per poi buttarsi a terra dietro a una roccia. L'isola non era poi tanto grande, vedeva le acque dall'altra parte in uno dei pochi varchi tra gli alberi contorti. Sono cambiati, tutti, registró rapida la sua mente. Non erano malati, o morti ed avvizziti. Erano vivi, di una vita corrotta e deforme. I fumi che provenivano dal lago stavano gradualmente diventando impossibili da sopportare. Avanzó pancia a terra, trascinandosi su gomiti e ginocchia, la spada nell'incavo dei gomiti, fermandosi spesso ad ascoltare. Non c'é riparo nella foresta. Non esiste che mi appoggi ad uno di questi alberi per nascondermi. Notó una spaccatura nel terreno, a una cinquantina di passi dentro la foresta. L'isola era letteralmente tagliata in due, come dal colpo di una gigantesca ascia, da nord a sud. Le acque limacciose si insinuavano nel fiordo, lambendo l'entrata di una piccola caverna. le tracce andavano proprio in quella direzione. Sempre peggio... arrivo amici, tenete duro!
Melpomenia scattó. Percorse i cinquanta passi come se avesse il diavolo alle costole. Ad ogni passo, sentiva l'ostilitá della foresta crescere, la coscienza degli alberi destarsi, la loro consapevolezza della sua presenza sempre piú acuta. Saltó, ed afferró una radice sporgente all'apice dell'apertura. Vi oscilló attorno per cambiare direzione e si catapultó nella grotta, nelle tenebre. Atterró sui sassi di una spiaggia buia e fredda. I suoi occhi si adeguarono alle tenebre in pochi istanti. Vide subito che l'apertura dava su uno spazio molto piú grande di quanto non fosse possibile indovinare dall' esterno. II pavimento saliva oltre il livello delle acque di quasi un metro, per poi scendere, ripido, in un unica rampa di roccia liscia e scivolosa verso una tenebra cosí fitta che all'elfa basto uno sguardo per capire che non poteva essere naturale. Esploró la parte alta della rampa, in cerca di una serie di appigli per scendere in maniera controllata. Non c'era il tempo per piantare i chiodi ed usare la corda. Che cosa poteva essere in grado di scendere per una superficie del genere? Non fece in tempo a darsi una riposta che perse la presa sulla roccia, iniziando a scivolare, sempre piú veloce. La spada le cadde e prese a scivolare ancora piú rapida. Il pugnale non fece presa nella roccia, e in pochi istanti l'elfa acquisí una velocitá vertiginosa. Entrando a rotta di collo oltre il velo di tenebra che oscurava il fondo della grotta non poté fare a meno di urlare. Nelle tenebre, qualcosa la afferró, interrompendo la sua discesa. Un artiglio freddo e duro come osso le si chiuse intorno al polso, sollevandola da terra. Un suono sepolcrale, come il respiro di un moribondo, le giunse da una bocca nascosta in quel buio stregato. Il tanfo di decomposizione era qui veramente impossibile da sopportare.
- Aaalfhr... - gorgoglió la voce, profonda, possente.
Melpomenia riprese il controllo di sé, il tempo sufficiente per pronunciare un incantesimo. Era appesa per un polso, e completare la magia con una mano sola richiese un enorme sforzo di concentrazione, ma l'incantesimo le riuscí. Avrebbe annullato qualunque magia presente, almeno nelle immediate vicinanze, e almeno avrebbe visto cosa la stava trattenendo. Sentí la resistenza dell'incantesimo nella sua mente, la sentí indebolirsi, fino a venire meno. Le tenebre si levarono, lasciandoli in una caverna avvolta in un buio del tutto normale. La luce che proveniva dall'apertura fu sufficiente per vedere che un essere gigantesco, fatto di legno, la stava per infilare dentro un enorme bocca dai denti scheggiati. É la fine... - pensó - ...ma non me ne andró senza combattere! Provó a dimenarsi, ma senza successo. La sua spada era per terra, almeno tre metri piú in basso, la bocca le si avvicinava sempre di piú. Se solo potessi muovere le mani... Poi qualcosa colpí la creatura, col sordo tonfo di un ariete che si abbatteva sulle porte di una cittá. La presa si allentó. Nello stesso istante, dalla parte opposta della caverna, una luce accecante si sprigionó, ed una voce familiare inizió le prime parole di un incantesimo. Cleon! Qualcosa le passó roteando davanti, spezzando il ramo, un ramo! che la teneva in alto. Mentre cadeva, la stessa cosa che aveva spezzato un ramo le si avvolse intorno, portandola a terra e proteggendola.
- State giú!!! - disse la voce di Cleon. Melpomenia riconobbe le parole che stavano uscendo dalla bocca del suo amico. Si rifugío tra le braccia della creatura che la teneva bloccata a terra e chiuse gli occhi. In quella grotta il boato dell'esplosione causata dalla palla di fuoco fu terrificante, lasciando tutti assordati per un bel pó. Quando aprí gli occhi di nuovo, Gowan la stava guardando preoccupato. L'albero era stato spezzato in due dal colpo, ed il tronco continuava a bruciare, riempiendo la stanza di luce.
- Tutto bene? - le chiese.
- Sì, sì, certo. Tu?
- Un pó scottato sulla schiena, ma non é grave. - C'era in effetti un certo odore di carne bruciata.
Alzandosi in piedi, si riuní a Cleon, al centro della stanza. L'elfo le passó la spada, e la abbracció, grato di vederla sana e salva.
- Temevo di essere arrivata troppo tardi - disse.
- Quasi, Melpomania. Ci é mancato poco - ribatté l'elfo.
- Che é accaduto a voi due? - chiese guardandosi attorno. Contro un muro, erano stati tracciati dei glifi misteriosi con una vernice vegetale. Tra i glifi si vedevano delle tracce di sangue rappreso.
- Difficile dirlo. Stavamo tornando al campo per riferire su quello che avevamo scoperto. Strane bestie, dai copri mutati e distorti, avevano preso ad attaccare delle comunitá elfiche isolate. Come ci aveva detto Comporellen, potevano essere un effetto della nube di cenere successiva all'esplosione. A poche ore dal campo dove ci dovevamo ritrovare, qualcosa é andato storto. Gli alberi erano proprio come quelli di quest'isola, contorti, mutati. Credimi, questa cosa sta succedendo ovunque, come le sparizioni. Non sono fenomeni isolati... Poi qualcosa ha colpito sia me che Gowan. Un incantesimo, suppongo. Siamo andati giú come due tronchi di legno, completamente immobilizzati. Qualcosa si é avvicinato a noi e ci ha messo un cappuccio sulla testa. Siamo stati sollevati di peso e messi sul dorso di qualcosa di grosso, molto grosso, e... peloso. Credo. Non riesco a capire come si muovesse, non sentivo né il rumore di zampe, né di zoccoli, né di stivali. Nulla di nulla salvo un vago ticchettare. Siamo arrivati al lago, e a un certo punto mi sono accorto che stavamo scendendo, giù nelle profonditá di una grotta. Ho sentito distintamente la presenza della magia nera, come nella foresta, e come quando siamo stati paralizzati, solo che qui era, anzi é, ancora piú forte. Non si vedeva a un palmo dal naso e non c'era nulla che potessimo fare. Qualunque cosa ci abbia trasportati, se ne é andata, lasciando me per terra e Gowan... beh, evidentemente legato a una catena... -
Il ragazzo aveva in effetti una polsiera di ferro, attaccata ad una catena. La base della catena, che Gowan aveva strappato dal muro come fosse spago, era proprio vicino ai glifi.
- Beh, non so cosa fosse, né cosa volesse da noi, ma potrebbe tornare da un momento all' altro. Probabilmente con altri del suo genere...
- E l'albero?
- Una creatura stregata, un uomo-albero, normalmente una creatura amica degli elfi, corrotto da qualche stregoneria. Deve essere restato qui a fare la guardia. Non appena hai interrotto la paralisi, Gowan si é liberato, ed io ho attaccato.
- Che si fa adesso?
- Si torna di corsa da Comporellen, e si riferisce, ma non prima di aver copiato questi glifi.
- Ti do una mano...