Un passo, due, tre, la cadenza che aumenta, sempre di più, inizio a roteare la spada, una falcata dietro l'altra, la distanza si riduce in progressione geometrica mentre le mie gambe si muovono sempre più veloci sulla piana desolata e un urlo di guerra mi fuoriesce spontaneo e rabbioso. Carico con tutta la potenza di cui sono capace e piombando sul gruppo in velocità ne abbatto due come niente. Sono più di noi ma la lama di Ashoka e la mia Narbeleth ne fanno scempio in pochi secondi. Facile, e ormai abbiamo fatto l'abitudine allo schifo degli umori alieni che schizzano fuori dai loro corpi viscidi quando le nostre spadate vanno a segno.
Ma la foga della battaglia appena conclusa ci fa abbassare la guardia e sottovalutare l'azione che si svolge davanti a noi, quando ci voltiamo verso il bordo del burrone dove i nostri amici lavorano per portare a termine il nostro compito.
Pochi attimi, e la linea di fuoco che percorre la piana immacolata disegna qualcosa che non si può vedere dal nostro punto di vista radente, ma che un osservatore esterno riconoscerebbe come il simbolo del nostro attuale peggior nemico - uno dei tanti.
Finalmente, colui che ha ideato tutto questo, o una delle sue forme visibili se non uno dei suoi servitori, si manifesta anche a noi esecutori e non solo alle sfere dell'Arcinquisitore e dei potenti maghi di Mystara.
La figura che brilla al centro della fenice tracciata sul terreno brullo afferra il chierico di Sybaros che monta la guardia vicino al burrone e lo tira a sè dentro il cerchio di fuoco, riducendolo in cenere in un istante in un sacrificio al suo Dio.
Questo non lo carichi, Fëaringel?
Un servitore di Alphaks, un Demone o un Immortale minore.
È una constatazione, vero?
Non mi incute il timore profondo che dovrei provare, come se... non avessi niente da temere, ecco.
Oh, be'. Ma non hai niente da temere, tu.
Però la mia parte inconscia mi suggerisce di non caricarlo.
Non ho molto tempo per razionalizzare i miei pensieri e pensare a quale sia il modo per sfuggire ad un emissario di Alphaks, perché quello scompare in un turbinìo di fiammelle, da cui immediatamente si materializzano i suoi servitori alati e un essere di fuoco che mi ricorda i grossi felini delle montagne. Una dozzina di mephit e una dragona.
Questa volta non razionalizzo, e carico mulinando la spada che ulula di gioia.