Il sole del mattino di primavera splendeva tra gli alberi, e nell'aria ancora fresca dell'alba Hierax meditava, mentre a cavallo percorrevano la strada che dal monastero dell'amico Tassadar li avrebbe portati fino a Sundsvall. Da qualche giorno avevano intrapreso il viaggio, e in quei giorni le ombre del futuro oscuravano il cuore e i pensieri del mistico di Lhynn. Le cose si erano complicate un po', e in una maniera che sinceramente non si aspettava (o forse aveva sperato di evitare), ed era giunto il tempo di scegliere le prossime destinazioni.
Sundsvall. Non avevano mai avuto realmente scelta se tornarci o no, se accettare l'invito ricevuto o diventare degli indesiderati (o magari ricercati) nell'impero di Alphatia; in ogni caso, pur essendo tutti e quattro d'accordo per andarci, Hierax non era per nulla tranquillo, e sapeva che nel cuore dei suoi compagni c'erano gli stessi dubbi. In teoria, per una volta, non avevano niente da nascondere, anzi, si erano comportati eroicamente e da loro era dipesa la salvezza di altri soldati del'armata alphatiana, ma più si avvicinavano alla capitale più sentiva odore di bruciato.
Sybaros. Per un attimo, quando avevano ricevuto la convocazione, gli era passato per la testa di rifugiarsi presso l'Inquisizione ierendiana, e prendere tempo, ma poi aveva realizzato che chiedere ospitalità a Nemrodus non li avrebbe protetti per sempre dall'Imperatrice e avrebbe aggiunto un ulteriore "favore" che, ne era certo, l'Arcinquisitore si sarebbe fatto restituire con gli interessi. E poi, in fondo, non dovevano temere Alphatia...oppure si?
Lhynn. Da molto tempo ormai non aveva più viaggiato nella sua terra, e mentre si trovavano nel Mondo Cavo, oppresso da quel cielo come da un tetto troppo basso, aveva sperato di tornarci presto, desideroso di avere notizie dal suo amico Siden (non si sarebbe mai abituato a chiamarlo Leander), di respirare l'aria della sua costa, di ritirarsi ancora una volta a Khalpen per ritemprare il corpo e lo spirito. In fondo, a Lhynn sarebbe stato al sicuro, e dubitava che i suoi nemici (non si illudeva di non averne più) lo avrebbero potuto trovare a breve, ma non poteva mettere a rischio la sua terra, che ancora era lontana dalla stabilità interna..si rassegnò, ci sarebbe andato più avanti, in un periodo più tranquillo..
Sigil. Come posto dove ritirarsi per qualche tempo non avrebbe potuto trovarne uno migliore, così vicino ma così lontano da dove si trovava ora, e protetto dalla legge più forte e inflessibile che si potesse immaginare, la legge non scritta della Signora del dolore; tuttavia, per i suoi compagni non sarebbe stato lo stesso, e in ogni caso sarebbe stata solo una tregua, mentre Thyatis e Alphatia muovevano guerra, mentre bruciavano i templi di Asterius, mentre qualcuno tramava per riportare alla vita Lord Hedric, mentre il Signore dei nomadi del deserto avanzava verso oriente, mentre il Corran Keep rimaneva ancora un volta al suo destino..troppe cose per allontanarsi tanto.
E poi, c'era qualcos'altro. Un'ombra che inquietava il suo spirito da molto tempo, a volte coperta da ombre più grandi, a volte unica macchia oscura in una giornata di sole, come su quella strada per Sundsvall, il sottile brivido di Vaiga sulla sua schiena, il pensiero della spada dell'elfo, i ricordi del mondo delle ombre, il dubbio su chi o cosa allertasse la spada, la paura che Narbeleth non fosse la sola risposta, i cambiamenti nell'amico e compagno, apparentemente innocui ma altrettanto inspiegabili, la sensazione che non a caso si era unito ai conti di Corran Keep, e che Gowan fosse stato come un barattolo di vetro che stava per cadere dalla credenza in una casa che, si accorgeva solo ora, stava per crollare per un terremoto..
Si scosse. Si stavano fermando per una sosta. Strinse lo Skreel nel pugno, e nell'animo chiese aiuto.