Il tempo, qui, scorre diversamente. Ormai questo l'ho capito. Il mio progetto di studio va avanti. Una esplorazione, fatta quasi per puro diletto, che sta svelando aspetti di me e della realtà che mi circonda nei quali non speravo di imbattermi. Forse è solo la differenza tra la propria casa ed i luoghi che si visitano, quando questa è tanto grande, a far salire a galla certe cose. O forse questo luogo è davvero misterioso e cela qualcosa che, grattandone la superficie, prima o poi si intravede.
È passato tanto tempo, più di una luna da quando sono riuscito a scrivere qualcosa nel mio diario di viaggio, a parte gli appunti quotidiani, per non dimenticare i dettagli. Ora, però, sento di dover mettere nero su bianco qualcosa, o rischio di sentirmi male. La città delle preghiere mi ha visto come suo ospite per quasi una settimana. Ogni giorno, attendevo l'arrivo di Caranwen, e ogni giorno mi preoccupavo di più. Non vi era modo di contattarla, e non rispondeva ai miei messaggi. Ne approfittai per girare un po', per immergermi nella situazione, nel momento. Se ripenso ora a certi vicoli dove mi sono infilato, col buio e da solo (per non dire disarmato), giusto per vedere quel che succedeva, dove portava quella stradina, quel vialetto, quell'arco di pietra... E sia, è andata bene. Sono fortunato, questo è certo. Tra l'altro, non rovescio un bicchiere da settimane, e non mi hanno ancora rubato nulla!
Infine, la mia amica riuscì a raggiungermi. Quando la rividi, non aveva di certo una bella cera. La faccia di una persona che non aveva dormito per due giorni interi, come minimo. Se ne stava là, appoggiata alle valigie, buttata sotto il portico della Porta Nuova, dove eravamo d'accordo che l'avrei cercata all'alba di ogni giorno dopo il mio arrivo.
- Ma allora! Dove diavolo eri finita? Mi sono preoccupato a morte!
- Non te lo puoi immaginare.
- Accidenti. Ho provato a mettermi in contatto in ogni modo. Ho usato tutti gli incantesimi che conosco e tutti gli oggetti magici in mio possesso per contattarti o mandarti un messaggio.
- Lo so, lo so. Me ne sono accorta, ma mi hanno impedito di risponderti. Non ci crederai, ma al Piccolo Fiume, quando ci siamo separati, tempo due minuti e mi sono trovata circondata da quei tizi.
- Vuoi dire i Cercatori?
- Esattamente...
- Accidenti, e che ti hanno fatto?
- Con la loro solita gentilezza, mi hanno detto che se volevo imbarcarmi su una nave diretta verso la LORO terra dovevo prima rispondere ad un paio di domande, roba di “routine”.
- Immagino.
- Beh, mentre tu eri al largo del continente io ero ancora là che li imploravo di richiudermi la sacca da viaggio e di smetterla di farmi le stesse domande un milione di volte.
- Ovvero?
- Immagina un automa. Stesso tono di voce neutro, stessa inflessione. Sembrava recitasse un copione.
Di dove è lei? Come si chiama? Perchè vuole andare nella nostra terra? Dove abiterà? Quanto tempo rimarrà? Conosce qualcuno dei locali? Parla la loro lingua? Gradisce un caffè? Di che religione è? Che lavoro va a fare? Chi le da i soldi? Quanti soldi ha? Possiamo vedere i suoi documenti? I suoi parenti sono qui? Ha fatto lei la valigia? L'ha mai lasciata incustodita o lasciata a qualcun'altro? Le hanno chiesto di portare pacchi, pacconi o pacchetti?
Tutto questo ripetuto un numero infinito di volte, in ordine sparso e con qualche variazione.
- Accidenti, anche a me! Però solo per qualche minuto...
- Beato te. Il solito fortunato. Beh, devi sapere che inoltre sulla mia nave servivano SOLO cibo “sacro”, nel senso che era preparato in modo da poter essere consumato dall'equipaggio. Una cosa immonda. Il timoniere era un pazzo furioso e, per finire, pur essendo arrivata alle quattro del mattino e quasi una settimana dopo di te, ad Abib mi hanno ripetuto l'interrogatorio, per altre tre ore. Non prima di essersi dimenticati di me per due ore al molo. Poi mi hanno condotto in un bagno, solo io con loro, e da qui tramite una porta minuscola in una scala tortuosa che finiva davanti ad una porta con su scritto “I Difensori della Terra Divina” o qualcosa del genere. Lì sono partite le tre ore di domande, sempre le stesse. Vedi tu se non devo essere sconvolta!
- Si, ma tutto questo perchè?
- Perchè avevano paura che volessi far saltare in aria la nave prima, e il porto poi, e la loro città, Mukaddasa, per finire. Sai che sono praticamente in guerra con gli abitanti originari del posto. Sono convinti che ognuno di loro, o quasi, sia un negromante che non esiterebbe a dare la vita per distruggerli. Come se io avessi i poteri del tuo amico, Ice. Sono solo una studentessa di diplomazia! Che ho la faccia bruna, la barba, o lo sguardo da criminale?
- A vederti non direi. Visto che sei rossa di capelli e in viso sei bianca come un cencio.
- Grazie eh?
- Non arrabbiarti con me! Sei solo stanca per il viaggio. Beh, certo che se sono così gentili con tutti, una mezza idea magari ti viene pure, dico, riguardo a... hai capito no?
- Bene, vedo che sei già bello paranoico. In effetti TU una faccia pericolosa, almeno per il metro dei Cercatori, ce l'hai... Ti hanno per caso già detto quella storia sul fatto che avrebbero orecchie ed occhi ovunque?
- Mi hanno detto che hanno il miglior servizio segreto del mondo, questo sì. Roba ai livelli di Sybaros, più o meno. E non hai ancora visto il meglio. Li chiamano blocchi della strada. Il più grosso, qui, si chiama Kael Hindiya, e secondo alcuni è l'Anticamera dell'Inferno.
- Hmmm, che bel nome. Ma che vuoi farci. È inutile preoccuparsi. Tanto è solo la procedura!