Vairembre.
Chiamalo.
- Vairembre.
Usami per farti sentire da lui.
- Vairembre, ascolta.
Parlagli. Si nasconde.
Che novità.
- Vairembre, sai che non puoi farcela. Se noi andiamo via ora senza di te, al massimo tra vent'anni sarai ancora qui che starai pensando al modo di uscirne in qualche modo. Sempre che poi io non torni nella forma che tu temi di più e ti prenda allora. A quel punto io sarò già morto e ti porterò con me. Scegli.
Lui ti ascolta, ha paura.
- Possiamo trattare. A noi interessa quello che tu possiedi, la tua morte non è importante.
Sa che ha una piccola possibilità di farcela se lo porti via prendendolo per mano. Ma poi sarà tuo schiavo. Non accetterà: devi andare tu a prenderlo. Da solo.
Già, l'ho promesso qualche tempo fa: devo essere io a ucciderlo.
Rin Galen è quasi morto in un angolo e stringe i denti nello sforzo disperato di apparire ancora in grado di combattere. Forse riuscirò a tenerlo fuori, questa volta.
Moran non è un problema nelle ombre. Ma ho paura che Narbeleth possa costringermi a fargli del male ed è l'ultima cosa che vorrei dopo che mi ha salvato la vita più di una volta.
- Chissà dove è andato - dico agli altri. - Si nasconde da qualche parte. Se stiamo uniti non uscirà mai, è troppo codardo. E noi non abbiamo tempo per aspettare che si faccia vivo, dobbiamo costringerlo a fare una mossa. Dividiamoci, io vado da quella parte.
È vicino, ma voglio stanarlo da solo.
- Andiamo tutti, meglio non dargli troppi vantaggi. - Hierax: lui può impedirmi di riuscire.
Tutti mi vengono dietro nella direzione che Narbeleth mi indica mentalmente. I miei incantesimi mi aiutano a tenere distante Moran, Rin Galen è troppo lento nelle sue condizioni. Hierax non molla, ad ogni angolo il mio misero vantaggio non aumenta.
- Fëaringel, rallenta! - Moran. - Quello vuole andare a stanarlo da solo, pazzo!
Hierax è sempre vicino, subito dietro l'angolo, devo fare qualcosa. Una casa, mi nascondo.
- Fëaringel, dove sei?
- È completamente matto, si farà ammazzare!
Vai ora, Fëaringel, è vicino, è lì dentro. Uccidilo per me. Fai vedere che mi meriti.
Sento il sudore che mi cola sulla schiena.
Non so cosa devo fare.
Il mio istinto mi dice che lui non si aspetta di vedermi piombare dentro la casa dove si nasconde, ma il poco sangue freddo che mi rimane in questa situazione mi suggerisce che non sarà affatto semplice piantargli Narbeleth in mezzo agli occhi.
Come al solito: decido di seguire il mio istinto.
L'aveva detto Narbeleth. Ora i suoi vantaggi li ho anche io.
Davanti a me. Pericoloso come non lo è mai stato in questi due anni che l'abbiamo avuto alle costole. Scariche di adrenalina mi scorrono attraverso le vene, miste a quella strana sensazione di potere incontrollabile che mi prende quando ho Narbeleth in pugno.
Metà Uomo e metà Drow, frutto di chissà quale rivoltante rapporto o incantesimo. Gli occhi rossi fissano sbalorditi Narbeleth che ondeggia davanti a me in forma vaporosa. La sua spada nera è sguainata e pronta a colpire.
Il primo colpo è mio. Narbeleth oltrepassa la sua lama pronta a parare il mio affondo, e diventa solida nel momento in cui incontra la sua gola. Sento il sangue scorrere sulla mano. Mi volto per affondare una seconda volta, ma un cinghiale ferito è molto pericoloso. La sua spada è un fulmine, lo sapevo, eppure anche questa volta i suoi colpi si abbattono su di me uno dopo l'altro senza che io riesca a reagire.
Non mi uccide. Per la seconda volta, non mi uccide.
Mi tiene invece inchiodato contro il muro con un pugnale nella spalla sinistra, sento il dolore che pulsa per tutto il braccio e la mia mano che ancora regge la spada ma non può sollevarla. Mi guarda dritto negli occhi e leggo l'odio e lo sforzo nel cercare una soluzione che gli permetta di fuggire da qui dove l'Arcinquisitore l'ha imprigionato.
Sa che sono la sua unica via d'uscita. Narbeleth l'ha detto, e Narbeleth è stata sua.
Pensa, Fëaringel, pensa!
- Non puoi uccidermi, Vairembre, sono la tua chiave per aprire questa porta. Sai che se mi uccidi o se mi tolgo la vita non potrai più fuggire. Nemrodus si prenderà il Velo, e con esso la tua stessa esistenza.
- Stai zitto! Non è finita, tu non puoi ucciderti! - un urlo disperato dritto in faccia. Ha paura, anche io.
- Narbeleth mi ucciderebbe con molto piacere, prima di trafiggere te e poi tutti i miei compagni.
Spero di riuscire a mentenere il controllo mentre la mia vista inizia ad appannarsi.
- Taci, Elfo!
Un'orribile protuberanza nera gli esce dalla bocca. Una lingua rivoltante che tenta di infilare nella mia bocca in un bacio mortale in cerca della mia anima. Vuole scambiarsi con me?
Un colpo: il riflesso di una lama rossa davanti ai miei occhi.
Un colpo: più forte, vacilla leggermente.
Poi scintille verdi.
I tuoi amici. Non sei riuscito a seminarli.
L'unica cosa da fare. Narbeleth è una parte di me.
In uno sforzo disperato tento ciò che non ho mai tentato. Richiamo la spada ombrosa dentro il tatuaggio nero del mio braccio sinistro inerme, le sue spire di ombra vengono risucchiate e il manto nero di inchiostro mi avvolge l'avambraccio. La faccio scorrere attraverso la runa che mi avvolge la schiena, poi è dall'altra parte, un'estensione del mio braccio destro, per un unico colpo che non devo sbagliare.
L'arco di ombra che la spada descrive dietro la schiena di Vairembre si solidifica in un lampo metallico nel momento esatto in cui incontra il bersaglio.
Vairembre si stacca da me e cade a pochi passi con la schiena a terra.
In uno strano impulso di pietà spero che non sia morto, vittima dopotutto di un potere più grande di lui.
Avvicino la mano tatuata per sentire se respira, ma la sua vita cessa nel momento in cui lo sfioro.
Poi il suo corpo si dissolve e a terra restano solo i suoi oggetti: la corazza... il mantello... i vestiti... la spada...
Dov'è il Velo?