The Corran Keepers

Le avventurose imprese di un quartetto di eroi sul mondo fantasy di Mystara.

28.12.03

Il té con un Demone

La moltitudine di demoni si apre davanti a noi e passiamo in mezzo a due ali di una folla raccapricciante.
Ho paura, non di loro, ma del loro padrone. Orcus. Stiamo andando di nuovo da lui.
La piattaforma mobile ci porta nella stanza sotterranea in cui lo incontrammo un mese fa. Sembra trascorsa un'eternità, e il dono che ci ha fatto allora è diventato un pesante fardello di cui è meglio disfarsi al più presto.
L'enorme terrazza su cui si apre la caverna è schermata dal Velo come una tenda di un verde giardino di Ierendi, con la differenza che questo schermo è vivo e si muove senza bisogno della brezza del mare. Un piccolo brandello del Velo è stato strappato in tempi remoti e la vista dello squarcio mi ricorda tutto quanto successo negli ultimi tempi.
Orcus appare attraverso il Velo e ci viene incontro, ma guarda me.
- ME L'AVETE PORTATO. - La sua voce di tuono non ci rivolge una domanda.
Guardo le fiamme ardenti che stanno in mezzo alle sue corna e che credo essere gli occhi.
- Sì, è qui con noi.
- ALLORA DATEMELO. - Protende la sua enorme mano artigilata reclamando ciò che gli appartiene.
Allungo la mano verso Narbeleth, ma ho paura di toccarla. Troppe volte è sfuggita al mio controllo e ora non deve succedere.
Non farlo, Fëaringel, ti prego, non darmi a lui.
- COSA ASPETTATE? DATEMI CIÒ CHE È MIO!
Fëaringel, morirò, non darmi a lui. Morirò, e anche tu morirai.
Ti supplico.
La mia mano è sul laccio che tiene la spada appesa alle mie spalle, pronta a lasciarla cadere senza toccarla.
No! Morirò, anche tu morirai e anche tutti i tuoi amici! Non farlo, Fëaringel, è un errore!
Un pensiero, piacevolmente folle. Una schizofrenica sensazione di potere in una situazione in cui la deferenza sarebbe il migliore atteggiamento.
- Solo una parte di ciò che abbiamo ti appartiene. Prendila e lasciaci ciò che è nostro.
Sento addosso il bombardamento dei pensieri dei miei compagni.
Pazzo di un Elfo! Moriremo tutti e vagheremo per l'eternità come schiavi della Dimensione dell'Incubo. Moran, con la mente ai suoi amici lontani a Darokin...
Ho visto cose impensabili, ma un Elfo che dà ordini ad un Dio. Hierax, raffigurandosi il suo sacrificio in nome della conoscenza dei mondi paralleli...
Elfo sbruffone! Ma chi crede di essere, questo? Ci fa ammazzare tutti. Rin Galen, macchinando che magari una palla di fuoco per morire con onore...
- DAMMI IL VELO!
Questa volta si è rivolto direttamente a me.
Ti dirò anche delle altre quattro parti, ma non lasciarmi morire, non darmi a lui.
Tanto siamo morti lo stesso.
- So di non essere nelle condizioni di chiedere, ma solo una parte di questa spada è tua.
L'essere agghiacciante mi fissa e devo aggrapparmi a tutte le immagini più piacevoli della mia vita per non impazzire.
- Orcus, - non so perché, ma lo dico con una certa sicurezza, come se mi rivolgessi a Cleon, - prendi solo quello che ti serve e lasciaci il resto.
Non so se è possibile, forse è perché ho bisogno di averne una raffigurazione umana, mi sembra di percepire sorpresa e ammirazione in quelle braci che mi guardano dritto dentro l'anima.
- PORGIMI LA SPADA.
Tentenno ancora, ma sfilo Narbeleth dal fodero e la offro a Orcus tenendola per la lama.
La sua mano scagliosa sfiora Narbeleth e, mentre una leggera vibrazione la percorre, lo strappo nel Velo delle Tenebre si richiude.
Orcus mi restituisce la spada. Nel mio cervello: la sua versione umana mi sorride e Melpomenia mi bacia per evitare che la mia mente si strappi.
- SIETE STATI DI PAROLA. POTETE ANDARVENE.
Grazie, Elfo. Ti sarò riconoscente.

Forse avremo qualcuno dalla nostra parte nei potenti giochi degli Immortali.

Forse qualcun altro ci odierà ancora di più.

Ora però credo sia meglio ritornare a Sybaros alla svelta.


Vergato col sangue da | 28.12.03 18:51